Così come riportato nella wikipedia in generale una sources.list non è altro che una lista le cui righe presentano la seguente struttura:
deb http://host/debian distribuzione sezione1 sezione2 sezione3 deb-src http://host/debian distribuzione sezione1 sezione2 sezione3
La prima parola di ogni riga, deb o deb-src, indica il tipo di archivio: se contiene pacchetti binari (deb), che sono i pacchetti già compilati che normalmente usiamo, o se l’archivio contiene i pacchetti sorgente (deb-src), che sono il codice sorgente originale del programma.
La seconda parola indica l’indirizzo della sorgente.
Al posto di distribuzione deve essere indicata la distribuzione che si vuole gestire (di solito uno dei tre rami di sviluppo stable, testing o unstable, oppure esplicitamente la versione, per esempio woody, sarge o etch). Le sezioni indicheranno quali parti della distribuzione dovranno essere gestite (normalmente si possono trovare main (i pacchetti completamente liberi, la maggioranza), non-free (i pacchetti rilasciati sotto una licenza non libera) e contrib (pacchetti liberi che però dipendono da altri non liberi).
Nel caso specifico di Ubuntu, al posto di distribuzione si trova il nome della versione, cioè hardy, intrepid, jaunty e così via. Invece sezione1 sezione2 sezione3 indicano le sottocartelle in cui si trova il file Packages contenente l’indice dei pacchetti presenti nel repository (per esempio main restricted universe multiverse).